Neurofibromatosi di tipo 1 (NF1) e geni modificatori predisponenti l’insorgenza di tumori (Dott. Maurizio Clementi)

Dott.Maurizio Clementi, Dott.sa Sara Tartaglia. Registro NEI Neurofibromatosi.

Servizio di Genetica Clinica ed Epidemiologica, Dipartimento di Pediatria, Università di Padova.

Introduzione

[dropcap]L[/dropcap]a NF1 è la più comune forma di neurofibromatosi con un’incidenza di 1 su 2500 – 3500 nati. La NF1 è una condizione multisistemica che coinvolge una varietà di tessuti e tipi cellulari; i segni clinici diagnostici sono ben definiti e sufficienti per porre diagnosi clinica. 
E’ una malattia a trasmissione autosomica dominante a penetranza età-dipendente completa (i segni clinici compaiono progressivamente fino a diventare del 100% all’età di 6-8 anni); l’espressività è anch’essa età dipendente ed è estremamente variabile, anche all’interno della stessa famiglia [Ruggieri e Tenconi, 2001] .
La NF1 è causata da alterazioni del gene NF1 che mappa nel cromosoma 17 (17q11.2). Il trascritto codifica per una proteina di 2818 amminoacidi chiamata neurofibromina, con una massa molecolare di 327 kDa. La proteina presenta una regione di 360 amminoacidi, denominata NF1-GRD (GAP related domain), che mostra un’omologia con il dominio catalitico delle “GTPase activating protein” (GAP) dei mammiferi ed è in grado di svolgere una regolazione negativa sull’ attività dell’oncogene p21ras. Questa attività della neurofibromina consente di inquadrare il gene NF1 nella categoria dei geni oncosoppressori: sia la perdita della copia wild type del gene che porta a LOH (loss of heterozygosity), sia la presenza di mutazioni somatiche puntiformi all’interno del gene che ne causano l’inattività, si sono riscontrate in uno svariato numero di neurofibromi [Sawada et al, 1996; Daeschner et al, 1997].
Tuttavia l’estrema variabilità fenotipica sia inter- che intra-familiare non è spiegabile attraverso il semplice meccanismo di mutazione/delezione del gene NF1. Anche se sono state formulate numerose ipotesi, quali il background genetico/ambientale, meccanismi epigenetici, mosaicismo, non sono ancora noti i meccanismi molecolari che sottendono tale variabilità.
In alcuni pazienti affetti da NF1 (sia bambini che adulti) possono insorgere tumori quali gliomi, astrocitomi, feocromocitomi, neurofibrosarcomi, certe forme di leucemia-mieloide e nel 10-15% dei pazienti il neurofibroma plessiforme (una lesione frequente e grave dal punto di vista clinico) può evolvere in un tumore maligno della guaina dei nervi periferici (“malignant peripheral nerve sheath tumor”, MPNST) [Ferner and Gutmann, 2002].
Risulta quindi chiaro che la prognosi in questi pazienti dipende non solo dalle variabili cliniche ma anche dalla precocità di identificazione di tali complicanze.
Si è supposto che altri fattori genetici possano intervenire nel modificare l’espressione della malattia. L’identificazione di questi geni modificatori sarà quindi di grande valore, sia da un punto di vista diagnostico che prognostico [Wiest et al, 2003]. 

Per tale motivo è stato iniziato nel 2004 un progetto collaborativo che include oltre al Registro NF del Nord Est Italia anche i centri di Catania e Roma, e si propone di studiare dal punto di vista molecolare 5 geni con funzione di regolazione della crescita e proliferazione cellulare (oncogeni e oncosoppressori), per valutare se l’insorgenza di complicanze neoplastiche e la variabilità intra- e inter-familiare in pazienti NF1 siano correlate a mutazioni costituzionali in tali geni.

Geni in Studio

TP 53

[dropcap]È[/dropcap] un tumor suppressor gene che risulta mutato o inattivato nel 60% dei casi di tumori (sia mutazioni somatiche che germinali). Il gene è localizzato nel cromosoma 17, in posizione 17 p 13.1; è costituito da 11 esoni, di cui il primo non codificante, con un trascritto di 1181 basi. La proteina, p53, di 393 aminoacidi, è una proteina nucleare che svolge un ruolo fondamentale nella regolazione del ciclo cellulare, nella transizione dalla fase G1 alla fase S. In particolare p53 attiva la trascrizione di p21 che a sua volta inibisce l’attivazione della chinasi ciclina-dipendente CDK4 che così non può fosforilare pRb; la cellula si blocca quindi in fase G1. p53 si attiva in seguito a stress cellulare o in caso di danni al DNA e oltre a bloccare la cellula in fase G1, può anche promuoverne l’apoptosi se questa non è in grado di riparare i danni al DNA.
Mutazioni nel gene TP53 sono responsabili delle seguenti patologie: cancro Colon rettale, sindrome Li-Fraumeni, Barrett’s adenocarcinoma, Head and neck squamous carcinoma (HNSC).

CDKN2A (Cyclin-dependent kinase inhibitor 2A)

[dropcap]È[/dropcap] un tumor suppressor gene che risulta frequentemente mutato o deleto in molti tumori.
Il gene è localizzato nel cromosoma 9, in posizione 9 p 21.3 ed è costituito da 3 esoni; codifica per due proteine, p16INK4A e p14ARF, che sono trascritte da due diversi esoni 1 (1a e 1b) mentre condividono gli stessi esoni 2 e 3, anche se in un diverso reading frame.
La proteina p16 inibisce l’attività della chinasi ciclina D1-dipendente (CDK4) la cui funzione è di guidare la progressione del ciclo cellulare, fosforilando la proteina del retinoblastoma pRb; mentre la proteina p14 interagisce con la proteina MDM2 la cui funzione principale è quella di associarsi e promuovere la degradazione ubiquitina-mediata di p53.
Mutazioni nel gene CDKN2A sono responsabili delle seguenti patologie: melanoma e sindrome Li-Fraumeni.

ErbB1 o EGFR (Epidermal growth factor receptor)

[dropcap]I[/dropcap]l gene ErbB1 fa parte della famiglia ErbB dei recettori tirosin-chinasici che sono di importanza vitale per lo sviluppo del sistema nervoso, cardiovascolare, gastrointestinale ed altri sistemi. La de-regolazione di questi recettori è comune in molti tumori umani. In particolare l’amplificazione genica od un’ attivazione costitutiva del gene ErbB1 si riscontrano nel 50-60% dei casi di glioblastoma e una sua over-espressione è dimostrata nella maggior parte dei tumori solidi. Il gene è localizzato nel cromosoma 7, in posizione 7 p 11.2 ed è costituito da 28 esoni, tutti codificanti, con un trascritto di 3632 basi. La proteina (di 1210 aminoacidi) funge da recettore per il fattore di crescita epidermico EGF, il cui legame è essenziale per l’attivazione della cascata di segnali cellulari per la proliferazione epidermica. Alterazioni genetiche nel dominio intracellulare di EGFR promuovono un’attivazione costitutiva della sua attività chinasica anche in assenza di ligando.

PTEN (Phosphatase and tensin homolog)

[dropcap]È[/dropcap] un tumor suppressor gene che risulta frequentemente mutato in molti tumori. Mutazioni nel gene PTEN (sia somatiche che germinali) sono state riportate nel 20-40% di Glioblastoma Multiforme e nel 60-80% di linee cellulari di gliomi. Il gene è localizzato nel cromosoma 10, in posizione 10 q 23.21 ed è costituito da 9 esoni, con un trascritto di 1211 basi. La proteina (403 aa) ha un’attività fosfatasica per molecole lipidiche, in particolare può defosforilare i substrati lipidici del protoncogene PI3K (fosfoinositide 3- chinasi). Siccome l’azione di PI3K promuove molti aspetti della tumorigenesi, PTEN funge da antagonista, quindi da oncosoppressore.
Mutazioni nel gene PTEN sono responsabili delle seguenti patologie: Cowden sindrome, Lhermitte-Duclos sindrome, Bannayan-Zonana sindrome, Juvenile polyposis coli sindrome.

KLF6 (COPEB, Core promoter element binding protein)

[dropcap]K[/dropcap]LF6 , Kruppel-like factor 6, è un fattore di trascrizione zinc finger ubiquitinamente espresso in molti tessuti ma con i maggiori livelli di espressione in placenta. KLF6 è un tumor suppressor gene frequentemente mutato in molti tumori e ampiamente coinvolto nella differenziazione e sviluppo, proliferazione cellulare, apoptosi e angiogenesi. Il gene è localizzato nel cromosoma 10, in posizione 10 p15.2 ed è costituito da 4 esoni, con un trascritto di 851 basi. La proteina, di 283 aminoacidi, interagisce direttamente con il DNA tramite un GC-box promoter element. Studi su tumori della prostata hanno identificato mutazioni o perdita di eterozigosità (LOH) nel gene KLF6 e un polimorfismo a singolo nucleotide che sembra essere significativamente associato ad aumentato rischio di cancro alla prostata. Alterazioni genetiche in KLF6 potrebbero essere importanti anche nello sviluppo e progressione di tumori gastrici sporadici.

Evidenze sperimentali su neurofibromatosi NF1

[dropcap]S[/dropcap]tudi su CDKN2A/p16, hanno dimostrato che tumori MPNST in pazienti NF1, presentano il gene deleto in omozigosi: l’inattivazione di NF1 potrebbe predisporre quindi all’insorgenza di tumori benigni, una sua inattivazione biallelica si è trovata in alcuni neurofibromi; tuttavia per la trasformazione neoplastica sembrano essere necessari altri eventi come la perdita di espressione di p16 o la presenza di mutazioni in p53 (riscontrata su un terzo di MPNSTs analizzati) [Perry A et al, 2002] . L’analisi di linee cellulari di MPNSTs derivati da topi che portano mutazioni che inattivano sia NF1 che p53, dimostra inoltre che queste linee cellulari esprimono in modo aberrante EGFR [Li H et al, 2002]. Cellule di Schwann normali non esprimono EGFR; quindi l’acquisizione di espressione di EGFR in queste cellule NF1+/- ;p53+/- potrebbe essere associata con la trasformazione neoplastica. E’ possibile che questa espressione di EGFR sia transitoria e che avvenga solo in particolari stadi della tumorigenesi o che essa rappresenti solo uno dei modi di formazione del tumore. Nell’uomo si è trovata un’amplificazione di EGFR nel 26% di MPNSTs, quindi questo recettore sembra essere importante per la formazione del tumore, in accordo con i dati sui topi transgenici [Ling B et al, 2005].

Raccolta campione

[dropcap]I[/dropcap] centri di Padova, Catania e Roma contatteranno un totale di 300 soggetti (nelle varie fasce di età) con presenza di neurofibromi multipli (> 100 tumori), glioma delle vie ottiche, tumori del SNC, tumori maligni di tessuti molli/ leucemie e 150 adulti con NF1 senza complicanze tumorali che fungeranno da campione di controllo. A tutti verrà chiesto il consenso informato per effettuare il prelievo e l’indagine molecolare.

Conclusioni

[dropcap]T[/dropcap]utti i risultati ottenuti, le tecniche e le metodologie utilizzate nella presente ricerca saranno pubblicate e quindi utilizzabili in tutti i laboratori che si occupano di NF1 in Italia e all’estero. Le eventuali identificazioni di mutazioni e/o polimorfismi nei geni modificatori in studio in questa ricerca che saranno presenti con significatività in alcune popolazioni NF1 particolarmente a rischio di sviluppare tumori, consentiranno di effettuare uno screening nei soggetti affetti e di programmare una valutazione ed un follow-up mirato.

Bibliografia

· Daeschner K, Assum G, Eisenbarth I, Krone W et al. Clonal origin of tumor cells in a plexiform neurofibroma with LOH in NF1 intron 38 and in dermal neurofibromas without LOH of the NF1 gene. Biochem. Biophys. Res. Commun. (1997) 234: 346-350.
· Ferner RE, Gutmann DH. International consensus statement on malignant peripheral nerve sheath tumors in neurofibromatosis 1. Cancer Res (2002) 62:1573-1577.
· Li H, Velasco-Migual S, Vass WC et al. Epidermal growth factor receptor signaling pathway are associated with tumorigenesis in the Nf1:p53 mouse tumor model. Cancer Res (2002); 62: 4507-4513.
· Ling BC, Wu J, Miller SJ, et al. Role for the epidermal growth factor receptor in neurofibromatosis-related peripheral nerve tumorigenesis. Cancer Cell (2005); 7: 65-75.
· Perry A, Kunz S, Fuller CE, et al. Differential NF1, p16, and EGFR patterns by interphase cytogenetics (FISH) in malignant peripheral nerve sheath tumor (MPNST) and morphologically similar spindle cell neoplasms. J Neuropathol Exp Neurol, (2002); 61: 702-709.
· Ruggieri M e Tenconi R. Le Neurofibromatosi. Associazione Linfa, Lottiamo Insieme per la Neurofibromatosi- ONLUS- (2001).
· Sawada S, Florell S, Purandare SM, Ota M et al. Identification of NF1 mutations in both alleles of a dermal neurofibroma. Nat. Genet (1996) 14: 110-112.
· Wiest V, Eisenbarth I, Schmegner C, Krone W, Assum G. Somatic NF1 mutation spectra in a family with Neurofibromatosis type 1: toward a theory of genetic modifiers. Hum Mutat. (2003); 22: 423-427.